Questa lettera di commenti é relativa alla delibera della Giunta Regionale della Regione Sardegna che individua aree del territorio regionale dove vietare l’installazione di turbine eoliche. Il divieto (che formalmente é un ”alta probabilità di esito negativo della autorizzazione”) é esteso in maniera generalizzata alle seguenti macro aree: aree naturali, parchi, oasi, zone umide, zone di protezione speciale, zone con presenza di chirotterofauna, important bird areas, siti di interesse comunitario.
Sebbene vi siano in Sardegna animali, monumenti e paesaggi che risentirebbero in modo negativo della presenza di turbine eoliche, ad osservare l’estensione delle aree ”non idonee” sulla mappa sembra di intuire che l’intento sia quello di bloccare il più possibile lo sviluppo dell’eolico. Questo sarebbe in contrasto con gli obiettivi internazionali di lotta ai cambiamenti climatici tramite ricorso a fonti di energia rinnovabile, condivisi dal Governo italiano che ha infatti previsto una tariffa incentivante per l’energia prodotta da fonte eolica.
Una turbina eolica interessa il territorio in maniera molto localizzata, quasi puntiforme, in quanto la turbina si estende verticalmente 30-100 metri, e 50-80 metri lateralmente in una vista in pianta. É quindi incomprensibile come questo ”oggetto” di dimensioni cosí modeste -che non emette inquinanti- possa costituire una minaccia per aree grandi decine di chilometri quadrati come invece ritiene la Regione Sardegna.
Nel testo a seguire spiegherò perché la delibera é: priva di razionalità scientifica, priva di una visione globale dei problemi ambientali e problemi socio-economici collegati all’uso delle fonti energetiche fossili, priva di una visione a lungo termine del futuro ambientale ed economico della Sardegna.
Qualora fosse di vostro interesse, in qualità di ingegnere esperto di energia eolica, sono disponibile a un incontro per discutere di un futuro energetico dell’Italia 100% da fonti rinnovabili al 2050, dove sono i cittadini a guadagnare dalle risorse energetiche naturali locali.
Introduzione
Greenpeace e l’associazione internazionale dell’industria dell’eolico (GWEC) ricordano che l’eolico potrebbe soddisfare il 20% del fabbisogno energetico mondiale entro il 2030.
La Danimarca punta a soddisfare da fonti energetiche rinnovabili il 100% della domanda energetica, in tutti i settori: elettricità, riscaldamento, industria e trasporti, entro il 2050.
L’Italia, purtroppo, è in una situazione di estremo ritardo nel campo delle energie rinnovabili rispetto a paesi virtuosi come la Danimarca, dove l’eolico giá soddisfa il 40% della domanda di energia elettrica, e dove 150 mila famiglie sono proprietarie di quote di impianti eolici, e guadagnano dal vento.
Alla fine del 2014 l’eolico installato in Italia era 8,6 GW (di cui 1 GW in Sardegna), un dato che pone il nostro Paese al quinto posto in Europa (39 GW in Germania, 23 GW in Spagna, 12 GW in Inghilterra, 9,3 GW in Francia, 4,8 GW in Danimarca).
Alcuni ”ambientalisti” sostengono che le pale eoliche abbiano un impatto paesaggistico troppo elevato. La sentenza n.150/2005 del TAR di Sicilia recita: “La tutela del paesaggio non è l’unica costituzionalmente rilevante; pari considerazione rivestono la tutela dell’ambiente e la tutela della salute.” Esistono comunque precisi accordi (ANEV-Legambiente) atti a ridurre, evitare o mitigare gli impatti negativi: rispetto della distanza minima tra gli aerogeneratori, limitazione della realizzazione di nuove strade, interramento dei cavi elettrici di media e bassa tensione, riduzione dell’effetto “selva”, utilizzo di soluzioni cromatiche neutre e vernici antiriflettenti, ecc. ecc.
Una turbina eolica (di dimensioni normali, 2 MW, 80 metri di diametro) nella sua vita (25 anni) consente di evitare mediamente le seguenti emissioni in atmosfera: 100 mila tonnellate di CO2, 140 tonnellate di SO2, 200 tonnellate di NO2, e produrre l’energia elettrica pulita per mille famiglie.
L’eolico non ruba spazio al territorio, dove potranno continuare a pascolare gli animali, o attività agricole. Infatti un generatore eolico della potenza di 2 MW, occupa al suolo una fondazione di appena 12 m di lato, che viene poi ricoperta di terra in modo che vi possa ricrescere l’erba (mitigazione).
Taglia delle turbine eoliche
La Regione Sardegna ha stabilito (delibera 40/11 del 7-08-2015) delle taglie dimensionali di impiato eolico (2m, 20 m, 50m di diametro, 3 kW, 20 kW, 60 kW, 200 kW di potenza, corrispondenti a micro, piccola, media, grande), basate sull’idea (sbagliata) che l’impatto negativo sull’ambiente sia proporzionale alla dimensione e alla potenza della turbina. Questa suddivisione é profondamente errata in partenza, infatti:
- é inverosimile che qualsivoglia turbina eolica nel range considerato dalla Regione Sardegna possa avere un impatto negativo sull’ambiente, avendo questa una potenza dello stesso ordine di grandezza della potenza di un automobile (60-100 kW) e di un autobus (200-400 kW) per i quali non é richiesto alcuno studio di impatto ambientale per la messa in circolazione. Pergiunta la turbina eolica produce energia elettrica a zero emissioni, invece di bruciare carburanti fossili ed emettere i corrispondenti inquinanti.
- Non vi é alcuno scaglione di taglia sopra i 200 kW, il che mette sullo stesso piano un impianto costituito da una singola turbina eolica da 300 kW con un impianto da 90 MW costituito da 39 turbine da 2300 kW ciascuna. Il primo impianto é finanziabile verosimilmente da una singola piccola/media impresa (circa 500 mila euro di investimento), mentre il secondo impianto multiturbina (100 milioni di €) é finanziabile solo da una grande azienda come ENEL. Caricare entrambi gli impianti all’obbligo di eseguire le stesse procedure autorizzative e gli stessi studi studi ambientali ha un costo e rischio insostenibile per l’iniziativa del piccolo investitore, con il risultato che solo le grandi aziende riescono a realizzare gli impianti eolici. Questo é profondamente ingiusto per l’economia locale sarda, ed è quello che è successo fin ora in Sardegna.
- Consentire l’installazione di una turbina da 2 MW (90 metri di diametro) in cooperativa di 100 persone ha innumerevoli vantaggi, rispetto a installare 100 turbine da 20 kW. Infatti, consente di: 1) limitare l’impatto paesaggistico perché si compromette un solo sito, non 100 siti. 2) limitare i costi e le opere di connessione alla rete elettrica. 3) limitare l’impatto acustico perché una turbina grande ruota piú lentamente ed é quindi meno rumorosa. 4) ridurre i costi di manutenzione e ridurre il rischio a cui i tecnici sono esposti, visto che la turbina grande é facilmente accessibile dall’interno della torre. 5) A pari tariffa, avere un migliore ricavo economico per i 100 ipotetici co-proprietari, in quanto la turbina unica grande ha una produzione energetica quasi 200 volte superiore (sebbene la potenza sia solo 100 volte) perché la torre é piú alta (il vento aumenta con l’altezza sul terreno).
Pertanto, al fine di minimizzare l’impatto paesaggistico, l’installazione di turbine eoliche di dimensioni normali (1-3 MW), in cooperativa, andrebbe facilitata e promossa dalla Regione Sardegna, non ostacolata con complicazioni/costi crescenti con la potenza della turbina.
Qualsiasi installazione sotto i 10 MW complessivi e fino a 3 turbine eoliche facenti parti dello stesso impianto andrebbe favorita e incoraggiata il piú possibile, dovrebbe accedere a procedure autorizzative semplificate. L’installazione di una singola turbina fino a 3 MW dovrebbe essere esonerata da studi di impatto ambientale per via dell’inverosimile impatto negativo che questa potrebbe avere sull’ambiente. Inoltre, per questi piccoli impianti la realizzazione e autorizzazione della nuova linea elettrica per la connessione alla rete dovrebbero essere garantite e gestite in toto dal gestore di rete.
Inoltre, non ha molto senso legare l’impatto paesaggistico alla potenza nominale della turbina eolica. Infatti il diametro di una turbina eolica cresce poco con la potenza (che dipende dal quadrato del diametro), e la percezione dell’impatto visivo é principalmente legata al numero di turbine e non alla dimensione (che è difficilmente apprezzabile a distanze maggiori di alcune centinaia di metri).
Purtroppo molti regolamenti tecnici della Regione Sardegna (e probabilmente altre regioni) sono approntati sull’idea che “piccolo è meglio”: niente di più sbagliato per le turbine eoliche! Infatti una turbina alta 50 metri provoca la stessa senzazione visiva di inquinamento paesaggistico di una alta 100 metri (vedi foto simulazione sopra), ma con la differenza che per produrre pari quantità di energia, di turbine alte 50 metri ne servono dieci, incrementando terribilmente l’ “effetto selva” e cioè l’impatto visivo.
Si noti come le tre turbine a sinistra nella foto sottostante sembrino quasi uguali, ma siano di potenza decisamente diversa: 225 kW, 500 kW e 850 kW. La foto ritrae anche due mini turbine da 10 kW, praticamente invisibili a 1 km di distanza, la cui produzione energetica é insignificante (circa 0,3%) rispetto quella delle tre turbine sulla sinistra.
Personalmente mi piace vedere qualsiasi tipo e dimensione di turbina, mentre detesto tutti i camini delle centrali termoelettriche, grandi e piccoli, per i quali non mi risulta una mappa ostativa come realizzato invece per l’eolico. Turbine di alcune decine di kW sono facilmente integrabili nel paesaggio, meglio dire ”difficilmente distinguibili”, per chi come me ha tentato di fotografarle, Seppur per queste mini turbine il contributo energetico sia molto modesto su scala regionale, il contributo all’economia generale della Sardegna é enorme! Infatti l’investitore é tipicamente un sardo, e la realizzazione della turbina eolica é alla portata dalle competenze di alcune aziende locali (vedi Aentula Srl a Terralba). Finalmente non dobbiamo importare da Germania e Danimarca!
Fauna
La Regione Sardegna ritiene che le turbine eoliche siano una grave minaccia per qualsiasi volatile, e pertanto non vadano installate nelle aree occupate da qualsiasi specie di volatile (avifauna), e specialmente pipistrelli, dai quali è richiesta una distanza di separazione “buffer” di 5000 metri.
L’impatto sulla avifauna, da uno studio di Benjamin K. Sovacool (Luglio 2013), é di 0,269 uccelli morti a GWh di energia prodotta, molto meno rispetto a quelli morti a causa dell’inquinamento dovuto alle centrali termoelettriche (5,18 uccelli morti/GWh, di cui il 96% riconducibili al cambiamento climatico).
Uno studio di Erickson et. al. del 2002 (Summary of Antropogenic Causes of Bird Mortality) indica che su diecimila uccelli morti per cause antropiche, solo uno é riconducibile a impatto con turbine eoliche, mentre 700 vengono uccisi da autoveicoli, 1000 da gatti, e 5500 perdono la vita schiantandosi su finestre e vetrate degli edifici. Perché quindi tanto accanimento contro le turbine eoliche?
Studi col radar nel sito di Tjaereborg (in Danimarca) indicano che gli uccelli evitano i mulini spostandosi 100-200 metri prima delle eliche.
Uno studio dell’università di Aarhus del 2014 su una windfarm danese (Østerild, First year monitoring bats birds) ha analizzato l’impatto sulla chirotterofauna utilizzando radar, termocamere e cani per la ricerca delle carcasse, concludendo che l’impatto sulle specie di volatili analizzate é insignificante. Anzi, si é misurato che la popolazione di pipistrelli é aumentata a seguito dell’installazione delle turbine eoliche. Ai pipistrelli piace stare nelle vicinanze delle turbine, per nutrirsi degli insetti attirati dalla grande superficie bianca della torre.
Il fattore che principalmente minaccia la vita di molte specie animali (volatili e non) é il cambiamento climatico. Uno report commissionato dal WWF (Bird Species and Calimate Change) ha riassunto piú di 200 articoli scientifici sul tema, concludendo che il surriscaldamento globale potrebbe portare all’estinzione di molte specie. Gli scienziati hanno trovato che il livello di estinzione degli uccelli arriverà al 28% in Europa e 72% in Australia, se il surriscaldamento globale supera i 2 °C (attualmente siamo a +0,8 °C rispetto al periodo pre rivoluzione industriale).
Mentre molti studi si concentralo sulla mortalitá degli uccelli, bisognerebbe considerare anche le mancate nascite, che sono conseguenza dell’inquinamento di vario tipo che gli impianti eolici vanno a mitigare. Inoltre, le conseguenze dell’inquinamento e del cambiamento climatico colpiscono tutti gli animali, non solo i volatili, e certamente una turbina eolica non può uccidere animali che non volano. Per i motivi su esposti, al fine della tutela della fauna (sia avifauna che terrestre), la Regione Sardegna dovrebbe promuovere e facilitare l’installazione di turbine eoliche (e non solo), invece di ostacolarla. Vi preoccupate degli uccelli colpiti dalle pale di una turbina eolica? vedrete quanti moriranno di sete a causa della siccità, o spazzati via da una alluvione, entrambi eventi estremi riconducibili al cambiamento climatico.
Cambiamento climatico
Viviamo in un mondo in cui è in atto un forte e pericoloso cambiamento climatico, dovuto all’aumento della concentrazione di CO2 nell’aria, passata dall’inizio della rivoluzione industriale da 250 ppm a 397 ppm attuali, cioè un aumento del 59% !
Ci sono le tecnologie in grado di rendere inutile e obsoleto l’uso del petrolio e tutti i guai che comporta. Dobbiamo quindi sbrigarci a invertire la rotta e produrre tutto quello che si può da fonti rinnovabili. E’ anche una sfida economica con gli altri paesi europei che sono già molto più avanti dell’Italia.
Il vento é il modo per produrre elettricitá piú amico del clima. Considerando l’intera produzione energetica e l’energia necessaria per costruire vari tipi di impianto (LCEA, Life Cycle Energy Assessment), l’energia eolica é quella che vanta le piú basse emissione di anidride carbonica (CO2) per chilowattora di energia elettrica prodotto. Infatti secondo l’IPCC (Intergovernmental Panel on Climate Change, [Global warming potential of selected electricity sources,, IPCC, 2014.]), produrre un kWh di energia eolica emette solo 12 g di CO2. Le emissioni di CO2/kWh per altri tipi di impianto sono:
Tecnologia | Fattore di emissione di CO2 |
Carbone | 820 g/kWh |
GAS (Ciclo combinato) | 490 g/kWh |
Biomassa (cofiring) | 230 g/kWh |
Fotovoltaico | 45 g/kWh |
Solare termodinamico | 27 g/kWh |
Eolico | 24 g/kWh |
Tecnologie non ancora commerciali quali il CCS (Carbon Capture and Storage, in Sardegna chiamato ”carbone pulito”) basate sulla combustione di carbone o gas e sequestro della CO2 dai fumi per stoccarla in cavitá sotterranee hanno rispettivamente 220 g e 170 g di anidride carbonica emessa per ogni kWh elettrico prodotto (piú gli ossidi di zolfo e azoto, le polveri e le ceneri ovviamente). Ma con che coraggio in Sardegna si puó aggettivare questa tecnologia con la parola ”pulito”?
Papa Francesco in un articolo dell’ 11 Settembre 2015 apparso su Avvenire dice: “il clima è un bene comune, oggi gravemente minacciato.”. Il Papa spiega che dobbiamo occuparcene perché le ricadute del cambiamento climatico sono sociali in quanto “sono i più poveri a patirne con maggiore durezza le conseguenze!”. Un altro articolo del 26 Ottobre 2015, in vista della conferenza di Parigi sui cambiamenti climatici a Dicembre 2015, é un appello firmato dai cardinali e vescovi che chiedono ai capi di Stato “una completa decarbonizzazione entro la metà del secolo, al fine di proteggere le comunità che in prima linea soffrono gli impatti dei cambiamenti climatici” e la necessità di “porre fine all’era dei combustibili fossili”.
Il cambiamento climatico in Medio Oriente e Africa, secondo i climatologi del ministero della difesa degli Stati Unititi, ha contribuito a piú frequenti disastri naturali come alluvioni e siccità. [Time, How climate change is behind the surge of migrants to Europe, 7 Sept. 2015]. Terre agricole si stanno desertificando e ondate di calore stanno uccidendo animali erbivori. Nel lungo termine il cambiamento del clima spingerà con buona probabilitá i contadini, I pescatori e i pastori lontano dalle aree colpite, come é già successo in Siria a causa della siccità estrema del periodo 2006-2011.
Secondo John Kerry (Segretario di Stato degli USA), in un discorso del 31 Agosto 2015 il cambiamento climatico potrebbe creare una nuova classe di migranti chiamati ”rifugiati climatici”: “Pensate che la migrazione sia una sfida per l’Europa dovuta all’estremismo, vedrete cosa succederà quando ci sará scarsitá d’acqua, mancanza di cibo, o tribú che lottano fra loro per pura sopravvivenza“.
Economia
Il progetto del solare termodinamico del fisico italiano Carlo Rubbia (premio nobel per la fisica), in Italia è stato definitivamente accantonato, e come succede da secoli, le intuizioni di cervelli italiani finiscono per essere sviluppate in altri stati (vedi Antonio Meucci e Enrico Fermi in America, Guglielmo Marconi in Inghilterra…).
La nazione leader mondiale nella tecnologia dell’eolico é la Danimarca, grande appena due volte la Sardegna ha costruito ed esportato circa il 20% delle turbine eoliche installate al mondo. E pensare che nel 1982 eravamo i pionieri della tecnologia eolica, con 10 turbine eoliche bipala ENEL-Fiat da 50 kW, 13,5 m di diametro, a pitch variabile, installate al nord Sardegna.
Chissà come sarebbe l’economia della Sardegna oggi se nel 1990 avessimo puntato a costruire turbine eoliche invece di ”fossilizzarci” sul carbone/gas.
La Sardegna al momento [Statistiche TERNA 2014] importa il 77% dell’energia elettrica sotto forma di petrolio e carbone. Questo significa una bilancia commerciale in passivo nel settore energetico, che nuoce all’economia e ci rende dipendenti dalle importazioni.
Il vento e il Sole sono il “petrolio” della Sardegna, ed è giusto sfruttarli per avere posti di lavoro, prodotti ed energia da esportare tramite il SAPEI (il cavo elettrico sottomarino da 1000 MW che ci collega alla penisola), ma dobbiamo essere abbastanza competenti e lungimiranti da saper immaginare un futuro senza combustibili fossili, basato sulle fonti rinnovabili.
Delle 5200 turbine eoliche installate in Danimarca, circa 2000 sono di proprietà di cooperative formate da cittadini e aziende locali. [Wind turbines in Denmark, Danish Energy Agency, 2009].
In Sardegna, come pure in altre regioni italiane, la mancanza di una normativa regionale adeguata a tutelare l’interesse dei piccoli risparmiatori locali ha determinato che gli impianti eolici siano in mano a poche grandi società. In nazioni più virtuose, come la Danimarca (l’Inghilterra, l’Australia, la Germania…) sussiste l’obbligo per il proprietario principale di offrire in vendita il 20% dell’impianto, in quote, alla popolazione locale: si condividono i costi, i rischi e i ricavi.
Conclusione
Negli ultimi trent’anni abbiamo assistito a quasi un raddoppio del potenziale distruttivo degli uragani, dovuto almeno in parte al surriscaldamento globale, come afferma l’autorevole MIT (Massachussets Institute for Tecnology). L’uragano Katrina nel 2005 e Haiyan nel 2013 (che ha devastato le Filippine uccidendo 6300 persone) ci hanno mostrato in maniera nitida che l’aumento dell’effetto serra (cioè aumento di CO2) accelera i fenomeni climatici estremi.
Anche la Sardegna é stata piú volte vittima di eventi climatici estremi di frequenza ed intensità crescente. Mi dispiace che molti politici ed adulti rimangano indifferenti al problema della tutela dell’ambiente, o meglio, tutela dell’atmosfera e delle specie animali -incluso l’uomo- che la abitano.
Io rimango convinto che una accurata progettazione e collocazione degli impianti eolici potrà contenere il cambiamento climatico, tutelare e valorizzare il paesaggio, e tutelare gli interessi della popolazione e delle imprese locali. Quel che è chiaro è che, in assenza di nuove scelte energetiche, proprio il paesaggio e gli animali (che la Regione Sardegna pensa di tutelare ostacolando l’installazione di turbine eoliche e impianti solari) saranno le prime vittime del cambiamento climatico in atto.
Ing. Giorgio Demurtas
Copenaghen, 31/10/2015